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- L'ALLENATORE? UN UOMO SOLO AL COMANDO
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L'ALLENATORE? UN UOMO SOLO AL COMANDO
Dall’Eccellenza alla Terza categoria, tanti i ”mister” sostituiti in questo inizio di stagione
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Generica - 23/10/2024
Nel calcio, una delle tante regole non scritte è quella di sostituire l’allenatore quando i risultati delle partite non arrivano, se il gioco non convince e il gruppo non è compatto. Quando la situazione precipita il colpevole è sempre e solo uno: l’allenatore. Una profezia sin troppo facile. Siamo solo ad ottobre e con la stagione appena gli inizi, è già cominciato il valzer dei mister sulle panchine delle società. Ma come si fa a cacciare un allenatore dopo appena sei-sette partite di campionato? Siamo sicuri che sostituire il tecnico sia la soluzione migliore per la squadra e gli stessi giocatori? L’esonero, segnale con cui la società fa capire ai giocatori che ora le scuse sono finite, è spesso frutto dell’idea di voler ottenere tutto e subito in nome dei risultati, dimenticando fattori di disturbo come il mercato ancora aperto a campionato in corso, vedi l’inserimento nel gruppo di qualche giocatore svincolato. Ma l’allenatore incide davvero sul risultato? Sono proprio tutte colpe del mister se la squadra non fa risultato, non vince o addirittura perde la partita perché un proprio giocatore calcia alle stelle un rigore o il portiere commette un grossolano errore? E se invece le scelte si rivelano visionarie per alcuni ma vincenti, il merito non è quasi mai suo o comunque deve condividere, non sempre con chi abbia reali meriti, la vittoria per l’aver raggiunto l’obiettivo. Trovare risposte a queste domande non è facile. Però, mettendoci nei panni di una dirigenza, quando si sceglie una guida tecnica e si costruisce la squadra intorno alla sua idea di calcio, bisogna saper dare il tempo giusto alle proprie scelte. Sugli errori delle società non è il caso di soffermarsi troppo anche perché chi ha sbagliato la campagna acquisti, di fronte a risultati insoddisfacenti, non se la sente di ammettere l’errore e, allora, la soluzione più facile è trasformare l’allenatore nell’unico colpevole. Tempo fa mi raccontava un dirigente di una squadra di Promozione: abbiamo preso sette-otto giocatori nuovi, solo che la metà confermino le proprie qualità, sarebbe già un successo. L’allenatore anche se ha uno staff affiatato, con una visione di intenti, è il leader e come tale, è chiamato a continue scelte che lo pongono e lo espongono alla più cruenta e crudele solitudine. Lavora quasi una intera settimana su una moltitudine di aspetti a volte anche negativi (infortuni, squalifiche, qualcuno che fatica a sopportare la panchina o l’inserimento di taluni giovanissimi) poi rischia di pagare in prima persona colpe non sue resta un uomo solo, piuttosto vulnerabile. Allontanarlo dopo poche giornate perché sul campo i risultati sono tutt’altro che brillanti, lo ritengo un grande errore. Per un allenatore che per la prima volta si trova a gestire un gruppo composto da venti-ventidue giocatori molti dei quali non li conosce, merita il tempo necessario per lavorare, capire e conoscere le caratteristiche dei singoli, formare un gruppo coeso e la domenica mandare in campo la formazione migliore. Nei dilettanti più si scende di categoria, il discorso non cambia, anzi la forbice si amplia e, paradossalmente, peggiora sia che si alleni la prima squadra che quella dei Giovanissimi. Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta. La frase, icona leggendaria bianconera di Giampiero Boniperti, ha finito per essere una regola fissa anche per le squadre dei campionati minori. Non tutte le realtà, però, possono ambire a vincere. La vittoria è relativa: trasformare un giocatore che valeva uno in un giocatore che vale successivamente cinque volte di più, non è vincere? Avere in rosa prodotti del settore giovanile, non è essa stessa una vittoria? Sollevare dall’incarico un allenatore dopo poche settimane di lavoro serve davvero a qualcosa? Il dubbio resta. Ricordare una stagione calcistica che non si sia chiusa con almeno un esonero, in uno qualsiasi dei tanti campionati dilettantistici è praticamente impossibile, come pure porre un freno a questo eccessivo via vai sulle panchine. La categoria degli allenatori, però, sembra gradire la giostra degli esoneri, perché in tal modo si creano più posti di lavoro.
Lorenzo Jotti
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